Spesso idee semplici danno vita a progetti ottimi. Per questo, sfidando la pioggia e il freddo invernale, siamo andati a trovare il Rabbino Igal Hazan, direttore della Scuola Ebraica di Milano Merkos. Appena superato il portone dell’Istituto, storia, tradizioni e cultura millenarie rivelano la loro forza. Sembra di trovarsi improvvisamente altrove, lontani, nel tempo e nello spazio, avvolti dai canti e dal vociare leggero dei bambini, da una vitalità contagiosa, tutto all’interno di un ordine perfetto.
In questo luogo, 3 anni fa, con l’idea di ottimizzare le risorse e l’attività della cucina della Scuola, ha preso forma, con il nome Beteavòn (termine ebraico per “buon appetito”), la prima cucina sociale kasher in Italia, che prepara e distribuisce pasti a chiunque si trovi in una situazione di necessità, gratuitamente e senza distinzioni religiose o sociali.
I primi passi
Rabbi Igal Hazan racconta: “Come prima cosa, avuta l’idea, abbiamo contattato diverse realtà del no-profit già molto attive sul territorio, la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas, la Comunità Ebraica, lo stesso Comune di Milano, e abbiamo comunicato loro la nostra intenzione di mettere a disposizione di altre realtà le cucine della Scuola. La risposta è stata ottima. In particolare, senza immaginarlo, abbiamo scoperto che la Comunità di Sant’Egidio, eccezionale nella sua attività di aiuto al prossimo, era sprovvista di cucina e quindi, insieme, avremmo potuto portare pasti caldi a tutte le persone senza fissa dimora che fino ad allora ricevevano solo assistenza”.
Lo staff
Tantissimi volontari, regolati da calendari precisi, popolano le cucine della Scuola, quando non sono utilizzate per preparare i pranzi degli studenti, e cucinano insieme, confezionando gli ottimi pasti da asporto Beteavòn. Lo staff si divide in due gruppi: quello in forza alla scuola, che viene per così dire “prestato” per l’occasione (cuoca e addetta agli acquisti), e quello di volontari esterni.
Le comunità di appartenenza sono tante: libanese, egiziana, persiana. Questo elemento si traduce nella varietà dei piatti proposti. La dieta dettata dalla religione, reinterpretata in base alle risorse disponibili nei diversi Paesi, si rivela, pur nella creazione di piatti tipici, motivo di unicità culturale.
Pasti buoni per i bisognosi
Una parte dei pasti cucinati, grazie alla Comunità di Sant’Egidio, viene consegnata ai molti amici di strada bisognosi; un’altra, grazie alla collaborazione attivata con Caritas e Comune di Milano, viene recapitata nei pick up point (punti di raccolta, ndr) istituiti apposta e gestiti da queste due realtà.
«A un costo abbastanza ridotto, perché si tratta semplicemente di aumentare il numero dei pasti della refezione scolastica – ci racconta Rabbi Igal Hazan – siamo in grado di aiutare tante persone. Prepariamo circa 1.200 pasti al mese».
Il progetto è un grandissimo sostegno per tutte le persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese e cercano una dieta kasher. I volontari Beteavòn insieme alla Comunità Ebraica di Milano hanno realizzato un progetto nel progetto: consegnare i pasti dello Shabbat (la Festa del riposo, osservata ogni sabato) agli individui e alle famiglie in difficoltà per condividere con loro non solo il cibo, ma anche il calore del giorno di festa.
A proposito di kasher
La dieta kasher esclude alcune carni (per esempio maiale, cavallo, coniglio…), alcuni pesci (quelli senza squame e pinne o che, pur avendole, non sono facili da rimuovere, come pesce spada, anguilla…) e frutti di mare, proibisce la commistione di latticini e carni e richiede un’attenzione meticolosa al procedimento. Ortaggi e insalate devono essere esaminati uno a uno, perché deve essere evitata anche una minima contaminazione di insetti. In un certo senso, si potrebbe sostenere che la cucina kasher è la prima fonte di certificazione alimentare nella storia…
L’approvvigionamento richiede quindi una particolare attenzione.
Solo alcuni prodotti non lavorati o poco lavorati, come l’olio Extra Vergine d’Oliva, la farina, lo zucchero, il riso e la pasta, vengono considerati alimenti kasher pur non essendo certificati.
Tutti gli altri prodotti richiedono un’attestazione kasher.
“Da questo punto di vista – ci spiega Rabbi Igal Hazan – non c’è problema. Sono centinaia in Italia le aziende i cui prodotti sono certificati ed è facile fare acquisti. Solo per la carne abbiamo un rapporto di fiducia: infatti non solo deve essere macellata, salata e lavata in un modo particolare, ma a monte la bestia deve subire un controllo molto accurato per risultare sana. Per questo abbiamo nostri fornitori, che spesso diventano anche nostri sponsor… nel senso che ci regalano i prodotti in scadenza!
Ultima eccezione, il pane, che è un lavorato fresco. La challah, il pane a treccia tradizionale del sabato, viene infornato fresco dalle nostre volontarie.
Per avere un’idea dei quantitativi, a settimana compriamo 15 litri di olio, 80-90 kg di pasta, 30 kg di riso”.
L’approvvigionamento della carne
Essendo la carne molto costosa, e quella kasher in particolare, la comunità ebraica di Milano ha fatto un accordo qualche anno fa per ricevere, prevalentemente dall’Inghilterra, della carne surgelata a prezzi calmierati.
Ecco un esempio di menu per lo Shabbat
Antipasto
Polpette di tonno o salmone, oppure un cholent (tipica preparazione askenazita, cioè dei Paesi dell’Est europeo) che consiste in un insieme di patate, fagioli, carote e pochissimi pezzetti di carne, tradizionalmente messo sui fuochi o infilato nel forno il giovedi o il venerdì, per cuocere 24 ore. Un vero e proprio stracotto, perfetto per lo Shabbat, dal momento che durante la giornata di festa non è permesso accendere luci o accendere fuochi.
Primo
Di solito riso, perché si conserva bene, soprattutto d’inverno quando lo Shabbat comincia presto, perché la prima stella in cielo appare già nel tardo pomeriggio.
Dessert
Quello classico è un dolce molto simile alla nostra “torta margherita”, ma senza latte e burro, e con l’arancia o il cioccolato.
Marta Pietroboni