DAMIANO CARRARA

Dall’Italia all’Irlanda per imparare l’inglese e poi il grande salto in California, dove, dopo qualche anno, apre a Los Angeles  la sua prima pasticceria: Carrara Pastries.

Nato a Lucca nel 1985, Damiano capisce presto – sono gli inizi  degli anni Duemila – che ha bisogno di mettersi alla prova in un percorso  per lui stimolante; cerca allora la sua strada allontanandosi da casa con determinazione. Sono anni di formazione e di sperimentazione, fino a che, nel 2021,  apre proprio a Lucca  l’Atelier Damiano Carrara.

 

 

 

Raccontaci la tua storia dall’inizio.

Ho cominciato come odontotecnico ma, quando mi sono reso conto che non faceva per me, non mi interessava, ho deciso di tentare altre esperienze, fare di meglio per me stesso e per la mia famiglia. Quindi, decisi di partire. Sono andato in Irlanda per imparare la lingua; tutti sceglievano l’Inghilterra, io Dublino. Una cosa un po’ diversa dagli altri. Ho cercato di trovar lavoro da qualche parte. Il primo posto libero che mi proposero è stato quello di bartender; ho iniziato da lì. Dopo un anno e mezzo avrei dovuto rientrare in Italia, ma sono partito di nuovo e nel 2008 ho raggiunto gli Stati Uniti. E anche lì ho lavorato prima come bartender e poi come manager di un nuovo ristorante. Ho notato che in America mancavano le pasticcerie, la sveglia della mattina con cappuccino e cornetto, le paste della domenica, per una convivialità a cui noi italiani siamo abituati. E pensavo: perché non provare a fare negli Stati Uniti qualcosa di simile,  in un Paese che secondo me ne ha tanto bisogno? Ho aperto il primo negozio nel 2011.

Possiamo dire che hai puntato su una passione per cambiare vita.

La mia passione principale è il cibo. Io sono un mangione. Quando mi sveglio al mattino, ho già fame. Mio fratello faceva il pasticciere, e gli ho chiesto se voleva venire a trovarmi e magari progettare qualcosa insieme. E mi disse: va bene, vengo e vediamo che opportunità ci sono. Da lì è nato tutto; io avevo 24 anni e Massimiliano 22. Ci siamo resi conto che la richiesta dei nostri dolci e dei prodotti italiani c’era, le persone ci cercavano. Lui ha insegnato a me la pasticceria, io ho insegnato a lui la lingua e a stare davanti al pubblico. Piano piano mi occupavo anche del resto. Il tempo passa, 10 anni, e, andando nel laboratorio a fare i dolci con mio fratello, impari.

 

Quindi hai studiato sul campo e a scuola?

Ho fatto dei corsi professionali; però, un conto è imparare da tuo fratello lavorando – è sicuramente l’esperienza migliore che si può fare – ma secondo me bisogna anche studiare, e continuo tuttora: la chimica degli ingredienti, le materie prime e la loro provenienza, la parte business… Perché la pasticceria non è soltanto saper fare il dolce, è anche saperlo vendere.

 

E che cosa ti ha poi spinto verso la televisione?

Io sono sempre stato pronto per farlo, mi viene spontaneo… quando una casa di produzione americana mi chiamò per partecipare a un talent ci andai. Passavano le settimane, non tornavo e mi davano per spacciato. Invece approdai alla finale, contro gente forte. Per esempio, la vincitrice era arrivata quinta al mondiale di pasticceria, e io ero a malapena da 2 anni che facevo quel mestiere: è stato un bel traguardo. Però lì mi sono reso conto che dovevo ancora crescere e mi sono messo sotto ancora di più: sempre più corsi, sempre più studio. E quando le cose vengono bene ti ci appassioni, e la passione è il motore che fa crescere; senza, questo lavoro non si fa.

 

Adesso sei dalla parte di chi giudica e sei entrato nella rosa degli esperti.

Giudicare gli altri mi viene abbastanza semplice, paragonando quello che propongono con la tua esperienza delle cose e con quello che hai mangiato. È una scuola a tutti gli effetti. Valuti ma, allo stesso tempo, impari. Ormai ho quasi 10 anni d’esperienza; mentre taglio una torta riesco già a intuire quello che sto per mangiare.

 

A Milano le tendenze arrivano presto e stiamo assistendo al fiorire di pasticcerie molto attente alla riduzione di grassi, di zuccheri. Cosa pensi di questa visione salutista?

Per esempio, la pasticceria gluten free richiede una ricerca continua per fare un prodotto praticamente identico a quello con il glutine. È una sfida. A me lo zucchero non piace e lo riduco. Se una volta la crema pasticcera si faceva con il 30% di zuccheri, adesso si arriva anche all’8/9% . Se me levi il latte – e qui parla il ragazzo toscano – diventa una frittata. Bisogna stare attenti. Mi piace spingermi oltre, mi piace fare un dolce che, dopo che lo hai mangiato, non ti fa bere l’acqua. Se ne hai voglia, vuol dire che hai fatto qualcosa di sbagliato. Un po’ di grasso ci vuole, un dolce salutistico non esiste. Si può levare tutto, però poi cambiano le consistenze, cambiano i sapori. Quello è poco ma sicuro. Faccio anche dolci vegani, e la maggior parte della produzione è senza glutine e  senza lattosio, perché in Italia 1 persona su 2 è intollerante. Mi piace riuscire a fare cose che una volta non si facevano.

 

Cucini anche il salato?

Hai voglia! La prima pasticceria in America era anche ristorante: pasta fresca, carne, pesce…

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

Damiano Carrara è il pasticcere più social d’Italia con 1,3 milioni di follower su Instagram.​

In TV:  nel 2023 conduce Fuori menù su Food Network Italia e dal 2018 è giudice a Bake Off Italia su Real Time. Dal 2017 all’estero è il Volto di Food Network America.

Nel 2021 è uscito l’ultimo dei 5 libri che ha pubblicato: Ancora più dolce, Cairo Editore.

 

 

 

 

 

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