COME SCEGLIERE GLI INSACCATI

Insaccati: da dove partire? Ogni regione ha le sue ricette tradizionali, anzi per la verità ogni paese ne ha una. Dalla salsiccia di cervo dell’Alta Badia alla ‘Nduja calabrese si passa per innumerevoli sapori, percentuali di grasso, spezie, stagionature e cotture. Sì, perché gli insaccati possono essere freschi, stagionati o cotti e non mancano mai nella cucina tipica di un luogo. Le guide turistiche di un territorio ne spiegano la cultura e le tradizioni, ma per conoscerli vi basterà anche solo entrare in un’osteria. Allora cominciamo il nostro viaggio?

 

 

Salame_mantovano

 

I crudi…

Il Salame Felino (IGP)

 

Prende il nome dall’omonima località in provincia di Parma. È prodotto solo con carne di suino selezionata. L’impasto è composto dal “sotto-spalla” del maiale. Il 70% è costituito da parti magre e il 30% da parti grasse scelte. L’impasto ha una grana medio grossa, arricchito da sale e pepe in grani interi, aglio e pepe pestati e diluiti in vino bianco secco. Una volta preparato questo impasto viene insaccato nel “budello gentile”. Il salame, stagionato per almeno 60 giorni, rimane morbido, proprio grazie al budello di grosso spessore. La forma cilindrica è caratterizzata da un’estremità più grossa dell’altra, la superficie è di colore bianco-grigiastra, leggermente polverulento per lo sviluppo di piccole muffe autoctone.

 

Il Salame di Varzi (DOP)

 

Di origine longobarda, nell’omonima località dell’Oltrepò pavese, nel XII secolo veniva servito nei banchetti dei marchesi Malaspina come pietanza prelibata. La sua produzione deve rispettare alcune caratteristiche fondamentali: oltre alla forma cilindrica e alla superficie ricoperta da uno strato di muffe grigie, il salame deve avere consistenza compatta e tenera. Dopo il lungo processo di stagionatura il Salame di Varzi deve risultare proprio molto compatto. Tagliandolo, si distinguerà molto bene la parte grassa da quella magra, che sarà di colore rosso vivo e costituirà la maggior parte dell’impasto.

 

La Finocchiona (IGP)

 

È un insaccato tipico toscano. È preparato con carne di maiale macinata a grana abbastanza fine, aromatizzata ai semi di finocchio e bagnata con vino rosso. Viene preparata con le parti della spalla e della pancia del suino. In origine si utilizzarono i semi di finocchio al posto del classico pepe perché molto meno costosi, donando all’insaccato il caratteristico sapore. La Finocchiona ha origine nel fiorentino, tra Campi Bisenzio e Greve in Chianti. A differenza del salame classico è confezionata in forme più grandi. Esiste una variante della Finocchiona caratterizzata da un impasto più grossolano e meno stagionato e chiamata sbriciolona, perché tende a sgranarsi.

 

La Ventricina di Vasto

 

Il suo nome deriva dall’involucro, costituito dallo stomaco del maiale. Tipico dell’area tra Abruzzo e Molise, questo insaccato ha una bassa percentuale di grasso (25% dell’impasto) e utilizza tagli nobili del maiale: il lombo, il prosciutto e il filetto. La carne, tagliata a grana grossa, è condita con peperone torto tritato, dolce e piccante. La Ventricina viene fatta stagionare per almeno 4 mesi.

 

La ‘Nduja

 

Il suo nome deriva dal termine latino inducere cioè “introdurre”. È tipica dell’altopiano del Poro, in provincia di Vibo Valentia e in particolare del Comune di Spilinga, anche se viene associato a tutta la Calabria. Questo salume veniva preparato con molti dei cosiddetti “scarti” del maiale: milza, stomaco, intestino, esofago, cuore, trachea. La ricetta è stata un po’ modificata, ma viene tuttora aggiunta una massiccia dose di peperoncino che dona il caratteristico colore rosso vivo e la spiccata piccantezza. L’impasto della ‘Nduja è molto fine, tanto da rendere l’interno dell’insaccato spalmabile.

 

…E i cotti

Il cotechino

 

Tipico di tutto il Nord Italia, il cotechino sembra sia originario del Friuli Venezia Giulia e prende diversi nomi a seconda delle tradizioni locali. Va consumato cotto. Viene preparato riempiendo il budello con un impasto fatto di cotenna, carne da tagli non pregiati, pancetta, sale, pepe e spezie diverse in ogni Regione. In Friuli, per esempio, si realizza il musetto, fatto però con le parti del muso del maiale, che contiene anche noce moscata, cannella, chiodi di garofano e altre spezie. Il cotechino richiede tempi lunghi di cottura a fuoco lento, in modo che l’impasto si ammorbidisca al punto giusto. Per cucinarlo a dovere, si buca la “cotenna” per permettere la fuoriuscita dei grassi in eccesso, lo si avvolge in un tovagliolo e lo si adagia in una pentola con acqua fredda. La cottura deve durare 4 ore da quando l’acqua inizia a bollire.

 

Lo Zampone di Modena (IGP)

 

Viene prodotto con un impasto di carni suine, avvolto in un involucro formato dalla zampa del maiale. L’interno è rosa brillante. La zona di produzione si estende da Mantova a Cremona. La tradizione lo vuole servito con fagioli bianchi di Spagna cucinati in umido.

 

La Salama da sugo o Salamina (IGP)

 

Tipica del ferrarese, la Salama da sugo è confezionata nella vescica del maiale, che dona la caratteristica forma tondeggiante. Ha dimensioni molto più grandi rispetto a un salame cotto. Viene preparata con la carne di guanciale, polpa magra della coscia, coppa del collo, lingua, fegato, sale, pepe, noce moscata e vino rosso.

Il tipo di legatura divide la forma in spicchi che vanno da 8 a 16 e la stagionatura dura circa un anno. Cucinare la salama da sugo è un vero e proprio rito. Si lascia a bagno una notte e poi si pulisce dalle muffe superficiali. Successivamente, legata a un cucchiaio di legno, viene calata in una pentola profonda piena d’acqua e viene “appesa” per evitare che tocchi il fondo della pentola. Dovrà cuocere a fuoco lentissimo. Al contrario del cotechino non deve essere forata prima della cottura. Una volta cotta si taglia a spicchi e si serve con purè, di patate o di zucca, irrorato con il sugo della carne.

Chiara Porati

 

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