“In natura, il ruolo dell’infinitamente piccolo è infinitamente grande”. Lo diceva Pasteur, padre della microbiologia moderna.
Ogni minuscola, semplice azione quotidiana interconnette un mondo di “infinitamente piccoli”, quello dei microrganismi, e il mondo di “infinitamente grandi”, il nostro. Queste due realtà, in stretta correlazione, sono in grado di influenzarsi sia positivamente sia negativamente. Cosicché, aprire la confezione di un prodotto alimentare non è un gesto fine a se stesso, ma comporta una serie di modifiche di condizioni ambientali che scatenano un susseguirsi di reazioni a catena, passibili di provocare un aumento della concentrazione dei patogeni in esso presenti o di introdurne di nuovi.
Dall’apertura parte quella che viene definita “shelf-life secondaria”, ovvero il tempo limite entro il quale l’alimento deve essere consumato, affinché venga garantito il mantenimento delle caratteristiche organolettiche, igienico-sanitarie e nutrizionali.
È chiaro che, in questa fase, il comportamento del consumatore è cruciale. Conoscere le regole di conservazione degli alimenti è fondamentale, come saper leggere le etichette per limitare lo spreco o evitare di consumare cibi potenzialmente nocivi alla salute.
Molto spesso, a causa di interpretazioni sbagliate, viene eliminato e poi smaltito cibo ancora commestibile.
Esiste una sostanziale anche se sottile differenza tra “data di scadenza” e “da consumarsi preferibilmente entro il”. Quest’ultima dicitura, in effetti, riguarda la qualità dell’alimento e non la sicurezza legata al suo consumo. Indica che, dopo la data riportata, è possibile si verifichi un peggioramento delle caratteristiche del cibo in questione, il cui consumo può comunque avvenire senza arrecare alcun danno.
Evitare lo spreco è un aspetto imprescindibile dal concetto di sostenibilità alimentare, che si basa, a sua volta e non solo, su metodi e tecniche per la corretta conservazione del cibo come la refrigerazione e il congelamento. Refrigerare un alimento significa mantenerlo a una temperatura media di circa 4 °C al fine di rallentare la proliferazione microbica. Con il congelamento, invece, si raggiungono temperature sotto lo zero. In questo caso, la citata proliferazione microbica viene bloccata e il tempo di conservazione aumentato.
Refrigerazione e congelamento sono entrambe tecniche basilari, considerando che i cibi sottoposti a maggiore rischio microbico sono quelli conservati a temperature ambientali comprese tra i 20 e 25 °C.
Ne deriva che riporre la spesa appena acquistata alle giuste temperature, in frigorifero o in freezer, seguendo le indicazioni riportate dal produttore, è il primo tempestivo step da effettuare per evitare che il cibo vada incontro a un processo di prematuro deterioramento.
Bisogna tener presente, tuttavia, che la temperatura all’interno del frigorifero non è costante in tutti i ripiani, poiché l’aria calda tende a salire, mentre l’aria fredda tende a scendere.
Ne consegue che la distribuzione degli alimenti, al suo interno, deve avvenire secondo un criterio ben preciso. Solitamente, il punto più freddo del frigo è il ripiano più basso. È consigliabile, quindi, destinare l’uso di questo scompartimento a carne, pesce e cibi crudi, opportunamente protetti da involucri o sistemati all’interno di contenitori.
Subito al di sotto di questo ripiano va riposta frutta e verdura, all’interno dell’apposito cassettone.
In questo modo, è possibile sia salvaguardare le caratteristiche del prodotto, altrimenti danneggiate dalle basse temperature, sia evitare processi di contaminazione. Questi alimenti potrebbero contenere, infatti, residui di terra o essere vettori di insetti e microrganismi vari.
Nel ripiano più alto, caratterizzato da temperature maggiori, è utile conservare uova, formaggi, yogurt e dolci.
I ripiani intermedi sono perlopiù destinati a sughi, affettati, prodotti con la scritta “dopo l’apertura conservare in frigorifero” e cibi cotti una volta raffreddati.
Negli spazi posizionati sull’interno della porta possono essere sistemati i prodotti che necessitano di una leggera refrigerazione, come bibite, burro e salse.
Un’adeguata organizzazione del frigo, tuttavia, non è l’unico fattore in gioco. È necessario che gli alimenti non vengano accumulati al suo interno, in modo da consentire una corretta circolazione dell’aria e il conseguente mantenimento di una costante temperatura di refrigerazione.
Tutto ciò deve avvenire senza trascurare un fattore rilevante, ovvero la pulizia del frigorifero.
Un ambiente pulito è necessario per prevenire l’insorgenza di cattivi odori e limitare danni di origine microbiologica. Il rischio di contaminazione microbica e conseguente cross contamination, ossia il trasferimento di microrganismi da un alimento a un altro, è sempre molto elevato.
Le specie microbiche associate ai prodotti alimentari, infatti, sono varie, di diversa natura e grado di patogenicità.
Controllare e limitare la proliferazione degli “infinitamente piccoli” permette di consumare un prodotto sicuro e di salvaguardare il nostro benessere prevenendo l’insorgenza di patologie. Dopotutto si sa: prevenire è meglio che curare!
Marina Greco