CIBO E ARTE

Sin dall’alba dei tempi, nutrirsi è, oltre che necessità primaria, atto dal valore simbolico e sociale.

 

 

 

È un’azione che spesso attesta l’inscindibile legame tra l’umano e il divino che gli artisti di ogni epoca hanno cercato di cogliere. Sono numerosi i pittori e gli scultori che hanno trovato nel cibo una fonte di ispirazione, mettendo gli alimenti al centro delle proprie opere.

Le origini di questa tendenza sono risalenti nel tempo: si va dalle scene di caccia, raffigurate nei graffiti preistorici, ai mosaici pompeiani e bizantini, fino alle opere del Rinascimento per arrivare ai giorni nostri.

Ai tempi degli antichi Romani, noti per l’amore per il cibo e per i banchetti, gli artisti realizzavano affreschi in cui gli alimenti, considerati dono degli Dei, veniva dipinto in scene di devozione, mentre nell’Alto Medioevo le scene dei simposi lasciarono il posto a quelle relative a coltivazione e lavorazione delle materie prime.

Nell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci compaiono simbolicamente il pane e il vino, nelle Nozze di Cana del Veronese, invece, viene rappresentata la tramutazione dell’acqua in vino, mentre il Carracci, con il Mangiafagioli, racconta l’alternanza di carestia e abbondanza tipiche del cammino dell’uomo nella storia.

Un altro esempio significativo si deve a Giuseppe Arcimboldo, che, con le sue “teste composte”, conferisce alle opere pittoriche forme umane, combinando tra loro originali composizioni vegetali. A lui era ispirato il volto sorridente della mascotte di Expo Milano 2015, dedicata al tema dell’alimentazione.

Quando il cibo perde la caratteristica di accessorio per diventare protagonista assoluto dell’opera d’arte? Flavio Caroli, noto storico dell’arte e amico di tante generose chiacchierate culturali, non ha dubbi: il momento esiste ed è il 1599, data presumibile della Canestra di frutta del Caravaggio, attualmente conservata nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano.

Con il cesto colmo di frutta, il Merisi (Caravaggio è il suo pseudonimo) dipinge il primo esempio del genere artistico detto “natura morta”, affermando un interesse per il soggetto inanimato non più complementare alla figura umana, ma centrale ed esauriente.

La produzione artistica legata al cibo è proseguita sino ad oggi.

Poteva essere solo americana la capacità di far assurgere la Campbell’s Soup Cans a opera d’arte e ci è riuscito Andy Warhol nel 1962. Di segno contrario il grande cuoco Gualtiero Marchesi, secondo cui “La cucina è di per sé scienza; sta al cuoco farla diventare arte”.

A lui certamente riuscì!

Daniela Mainini  

info@anticontraffazione.org

www.centrostudigrandemilano.org

 

 

 

 

 

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