CIBI PER IL CORPO E PER LO SPIRITO

gamberi e arte

Tracciamo la mappa di un viaggio dedicato all’Ultima Cena con gamberi, un soggetto insolito, circoscritto all’area che si estende fra le Alpi e la pianura fertilizzata dal Piave.

 

 

In alcuni affreschi del XV e XVI secolo, sulle tavole imbandite dell’Ultima Cena compaiono alcune immagini che non corrispondono alla descrizione dell’evento presente nelle fonti evangeliche: tra questi, il gambero di fiume, l’Astacus fluviatilis, specie di crostaceo considerato a quei tempi cibo ordinario per la sua abbondante presenza nelle acque poco profonde della regione citata, eppur vietato nel Levitico, il terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana.

La rappresentazione si può collegare al vasto corpus pittorico presente nella Biblia pauperum (Bibbia dei poveri, ndr), la cui risonanza stilistica si propaga in modo particolarmente intenso nel territorio dell’Italia nord-orientale in prossimità del confine, dove tendenzialmente tende a sedimentarsi una sorta di autonomia figurativa.

Il grigio gambero di fiume, abitante dei fondi fluviali limacciosi, considerato cibo umile, pietanza povera, che nella cottura si tinge di rosso intenso, è entrato a pieno titolo nel repertorio dei simboli utilizzati nell’iconografia cristiana. Tra le numerose testimonianze disseminate nella zona tra Treviso e Belluno, nella piccola chiesa di San Giorgio a San Polo di Piave compare uno degli affreschi più suggestivi dell’Ultima Cena con gamberi (1446), in cui spiccano grossi purpurei crostacei, disseminati sulla tovaglia tra i pani, i bicchieri colmi di vino rosso, i grandi piatti con tranci di pesce e un piccolo agnello, segno persistente di celebrazione della Pasqua ebraica, mentre nella più nota chiesa dedicata ai Santi Vittore e Corona a Feltre  il tema è arricchito di altri cibi simbolici. Splendido esempio di arte romanico-bizantina e méta di pellegrinaggio sulla Via Regia, che dalle terre germaniche conduceva alle rive adriatiche per l’imbarco verso la Terrasanta, il grande affresco feltrino presenta sulla tavola dell’Ultima Cena, oltre ai pani sistemati nella coppa eucaristica accanto al vino, ai grossi gamberi di fiume di un bel rosso intenso sulla tovaglia candida e ai tranci di pesce sui grandi piatti, altri cibi quali fichi, castagne e formaggi. Il fico, in quanto fiore-frutto dell’albero della conoscenza, è simbolo del sapere religioso e, poiché legato a significati iniziatici, si prestava a suggellare la ritualità dell’Ultima Cena; inoltre, essendo un cibo umile, abbondante per gli eremiti, si affianca al gambero, di cui rinforza l’aspetto alimentare povero. La castagna è invece simbolo di previdenza, frutto abbondante delle montagne bellunesi, tradizionale riserva invernale ricavata dalle risorse offerte spontaneamente dalla terra all’epoca dell’affresco, e che si riteneva potessero essere tali anche ai tempi di Gesù.

Tra gli altri cibi sulla tavola vi sono inoltre alcuni piccoli formaggi, cibo ricco di valenze simboliche derivate dalla fermentazione della materia originariamente pura, il latte, connesso a misteri e magie dei boschi, all’uomo solitario, alle tecniche casearie e al fuoco. Questo alimento, il latte, corrisponde da un lato alla vita, alla nascita e alla fertilità; dall’altro, alla cosmogonia, al tempo delle origini e alla beatitudine paradisiaca, ed è perciò cibo spirituale che si pone in relazione simbolica al pane e al vino, ritenuti cibi degli dèi e assunti nella tradizione cristiana.

Infine, i pani ovali azzimi contenuti nel vaso e distribuiti a tre a tre (richiamo trinitario) per ciascun commensale non fanno che confermare il proposito di quel “pictor vagabundus” (tale Dario di Giovanni, ndr), sensibile e devoto interprete del messaggio evangelico: raffigurare Gesù con i suoi discepoli, attualizzandone il senso e aggiungendo valori spirituali alla ritualità di un pasto consumato in presenza divina. Dipingere questi alimenti significava portare a riflettere sulla commestibilità della sostanza soprannaturale, sul rito del ‘mangiare Dio’ attraverso il simbolo.

Ave Appiano 

estratto dal suo libro Bello da mangiare. Il cibo dall’arte al food design, edizioni Cartman 2012

 

La figlia Chiara Caprettini, seguendo la suggestione visiva dell’affresco, propone una presentazione di questi cibi in una ricetta che ci permetta di assaggiare il simbolo e di gustarlo.

 

Cialde al farro, gamberi sfumati al Calvados, fichi e castagne

Ingredienti per 6 cialde

– 6 lingue croccanti di farro

– 100 g di castagne cotte a vapore

– 200 g di gamberi decongelati

– 3 fichi moscioni

– 30 g di burro

– 1 bicchierino di Calvados

– olio extravergine d’oliva

– sale e pepe

 

Preparazione

In un tegame sciogliete il burro a fiamma bassa insieme a un pizzico di sale e pepe. Unite le castagne leggermente spezzettate, i fichi tagliati a metà, i gamberi puliti e sgusciati (tenete integra la coda) e saltate il tutto per un minuto. Sfumate con il Calvados e continuate la cottura fino a rendere i gamberi belli croccanti e dorati. Disponete gamberi, castagne e fichi sulle cialde e ultimate con un filo d’olio a crudo.

Chiara Caprettini

www.nordfoodovestest.com

 

 

 

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