Mi presento: sono una farina di birra. Adesso vi racconto la mia storia.
Poco tempo fa è nata una startup, a Castelfranco Veneto, con un obiettivo chiaro: trasformare in cibi nuovi, sani e gustosi, i residui di alcuni processi produttivi agroalimentari. Si chiama Circular Food e ha già brevettato una tecnologia che consente di recuperare i beni di risulta delle lavorazioni di distillati e fermentati (whisky, gin, salsa di soia, vodka, ecc…) per realizzare farine. Io, Ley, sono il primo prodotto ricavato con questa tecnologia. Sono una farina ottenuta dalla trebbia di birra, principale scarto dei birrifici – circa 35-40 kg di trebbie ogni 100 litri di bevanda – tradizionalmente utilizzato come additivo per mangimi di animali, o direttamente classificato rifiuto organico.
Per darmi vita, vengono raccolte le trebbie umide, cioè il residuo del processo di estrazione a caldo dell’orzo germinato (ammostamento), passaggio fondamentale del processo di birrificazione. Per produrre la birra, infatti, l’orzo viene prima bagnato e fatto germogliare (maltazione), poi essiccato e poi ammostato.
La startup che mi ha inventata ha saputo restituire dignità alle trebbie umide – malto d’orzo fermentato – generalmente scartate, ricavandone me, un’ottima farina integrale e proteica, ad alto contenuto di fibre (52%) e con un sapore tostato che mi rende ideale come base per prodotti da forno. In questo modo, Circular Food ha anche aiutato i birrifici a smaltire un residuo di lavorazione e ha determinato nuove dinamiche territoriali. Le trebbie, per garantirmi freschezza e salubrità, devono infatti essere lavorate entro 24 ore dalla raccolta, e quindi, almeno in questa fase di startup, vengono scelte in birrifici locali; una volta essiccate e macinate, prendo forma io: un’eccellente farina pronta per diventare ingrediente principale di prodotti da forno, come pasta, pane, pizza, sia salati che dolci – sì, perfino biscotti! – con un aspetto rustico e un sapore particolare che ha sentori erbacei e tostati, ma non sa di birra!
Anche la trasformazione e la cottura di alimenti che hanno me come ingrediente principale oggi si devono a forni del territorio, ovviamente selezionati per qualità della produzione e rispetto dell’ambiente. Mi trovate convertita in fusilli, grissini e snack salati e in biscotti particolari, buoni e sani: tutti con un alto contenuto di fibre e proteine vegetali e un basso contenuto di glutine; e rispettosi dell’ambiente: l’approccio circolare e cooperativo adottato da Circular Food consente ovviamente di ridurre gli sprechi e di creare nuove collaborazioni.
Se siete curiosi di assaggiarmi, e quindi provare i prodotti a marchio Ley, dovete cercare – vista la naturalmente ridotta capacità distributiva iniziale – qualche catena o negozio di piccola-media dimensione –, anche se l’obiettivo, nell’immediato futuro, è di affacciarsi al mondo della GDO.
Una valutazione conclusiva
Adesso aggiungiamo due parole noi. L’innovazione non è da cercare soltanto nell’idea, già di per sé meritevole, di dare una seconda vita a scarti di produzione – come vediamo per fortuna sempre più spesso avvenire in diversi comparti del settore agroalimentare grazie a competenze puntuali, conoscenze specifiche e creatività o nella scelta di packaging ecosostenibili – ma anche nell’impiego di impianti tecnologicamente avanzati. Quelli scelti da Circular Food, infatti, non utilizzano combustibili fossili, permettono un risparmio di fabbisogno energetico notevole, garantiscono un ridotto impatto di C02 e il recupero dell’acqua estratta. E non solo: riducono anche i tempi di lavorazione degli alimenti e, allo stesso tempo, esaltano specifiche qualità organolettiche dei prodotti trasformati (mantenendone ovviamente intatti caratteristiche, composizione e principi nutritivi).
Anche se spesso, soprattutto in momenti come questo, non è facile essere ottimisti, esempi positivi ci ricordano che tutela ambientale, qualità, bontà e disponibilità dei cibi possono camminare insieme verso il futuro: una prospettiva quindi non necessariamente infausta, per il quale l’Italia sta giocando un ruolo importante, sollecitata anche da sempre crescenti consapevolezze ed esigenze dei consumatori.
Anche per questo, da poco Circular Food ha iniziato a collaborare con Too Good To Go – app alla quale abbiamo dedicato anni fa un articolo e che permette l’acquisto a prezzi ridotti del cibo (ancora integro e buono) rimasto invenduto in bar, ristoranti, supermercati e altri negozi – sposando la campagna Etichetta Consapevole: iniziativa che invita l’acquirente a valutare l’opportunità di consumare un articolo oltre il termine minimo di conservazione, osservandolo, annusandolo e assaggiandolo, e per la quale i produttori applicheranno la dicitura “Spesso Buono Oltre”, per ricordare ai consumatori di utilizzare i propri sensi per verificare le effettive condizioni di un prodotto prima di decidere se buttarlo via.
Marta Pietroboni