Gli italiani sono fra i principali consumatori di frutta secca, ma proprio nel nostro territorio queste coltivazioni scarseggiano, nonostante siano molto meno costose di vigneti e campi da cereali. Ciononostante, alcune tipologie di frutta secca restano il vero “oro” per talune zone d’Italia; basti pensare alle nocciola del Piemonte I.G.P., presente in primis nella provincia di Cuneo, ma anche ad Alessandria, Asti e Torino. Un’altra rilevante risorsa economica, oltre che testimone della tradizione agricola italiana, è anche la Castagna di Cuneo, coltivata soprattutto tra il Po e il Tanaro, e il Marrone della Val di Susa.
La principale difficoltà per queste cultivar è relativa al fatto che la frutta col guscio, prima di entrare in produzione, richiede anni di attesa (ad esempio, ne servono 8 per la nocciola); ma anche alle limitate superfici dei terreni agricoli su cui coltivare. Un buon tentativo per aumentare la resa delle coltivazioni arriva proprio dal Piemonte.
Lo scorso ottobre, infatti, la Regione Piemonte ha preso un importante provvedimento (l.r. 19/2018 – Legge annuale di riordino dell’ordinamento regionale) per recuperare i castagneti e noccioleti da frutto abbandonati, in diverse occasioni auspicato dalla Uncem – Unione nazionale comuni comunità enti montani e dal Centro regionale di Castanicoltura.
Prima di tale data, la legge regionale forestale (l.r. 4/2009 – Gestione e promozione economica delle foreste) non prevedeva questa tipologia di colture nelle aree considerate oggetto di ripristino.
Le disposizioni per l’autorizzazione al progetto di recupero si applicheranno ufficialmente dal 1° gennaio 2020.
Per approfondire, ecco i link con gli allegati alla Delibera:
“Disposizioni per l’autorizzazione al ripristino colturale di castagneti e noccioleti da frutto abbandonati”
“Contenuti del progetto per il recupero di castagneti e noccioleti da frutto”
Ilaria Greco
ilaria.greco@cibiexpo.it