CARLO ROMITO E L’OSPITALITÀ A 5 STELLE

È attualmente il presidente di Solidus, la confederazione delle 8 associazioni dell’accoglienza turistica alberghiera. Ha un lungo passato da dirigente, ma ha iniziato nella maniera più semplice, iscrivendosi all’Istituto Alberghiero di Milano, allora una piccola scuola di tipo quasi familiare. Già durante la scuola faceva le stagioni nei luoghi classici, come Venezia, e nel frattempo lavorava saltuariamente al ristorante milanese Vecchia Gorla, il punto di riferimento del mondo dei rally italiani. Un’esperienza particolare e formativa.

 

 

Carlo Romito con il Presidente e il Segretario dei Maître Cuisiniers de france.

 

 

Ti chiedo due cose. Ti sei buttato nel mondo dell’ospitalità e del cibo in un momento in cui non era di moda come adesso.  Che cosa ti aveva spinto e che cosa ti è piaciuto di più fare?

 

Mah, sono cresciuto in un quartiere operaio, i miei amici andavano a lavorare in fabbrica, io cercavo qualcosa che avesse le caratteristiche del piacere, del divertimento, della mobilità. Nel mio quartiere c’era l’Istituto Alberghiero e ho deciso per quella strada, con tutte le paure di chi si approccia a un mondo completamente sconosciuto. Il mio travaglio è durato fino al servizio militare. L’ho fatto in un quartier generale come cuoco e lì ho deciso che quella sarebbe stata la mia professione. E lo è stata per 40 anni. All’inizio sì, è vero, non c’era tutta questa attenzione, però siamo stati una generazione fortunata, nel senso che avevamo a disposizione molti bei luoghi di lavoro, diverse compagnie alberghiere con migliaia di dipendenti, grandi società con esperti professionisti. Io ne ricordo una importante, dove sono stato proprio appena finita la scuola e dove ho fatto il “tornante”, cioè cambiavo di ruolo tutti i giorni, dagli antipasti ai dolci, sostituendo chi non c’era e cercando di farmi notare per l’efficienza. Quella è stata l’esperienza più importante e formativa della mia vita.

 

 

Ma di esperienze ne hai fatte molte…

 

Si, tra i tanti alberghi in cui ho lavorato, ce ne sono stati alcuni a Londra e Parigi. E poi ho incominciato a operare nel mondo dei catering e dei ricevimenti, nel party service pioneristico del Motta-Alemagna, gli unici a fare i servizi a Milano insieme a Peck e a Toulà.  Ho realizzato i più grandi banchetti che siano mai stati fatti in Italia e me ne sono occupato anche all’estero, in tante situazioni particolari, come importanti meeting della politica. Poi ho insegnato negli Istituti Alberghieri di Milano e di Finale Ligure, e ho avuto un mio catering in Liguria per diversi anni. Mi ha riportato a Milano l’elezione a Segretario Nazionale della Federazione Italiana Cuochi, nel 1997, e non me ne sono più andato. Ho iniziato a lavorare come consulente nelle società di catering, 13 anni fa sono diventato Direttore Generale di Settimo per Welfood Srl, e poi Presidente di Solidus, e lì sono da 6 anni.

 

 

Oggi, facendo tu formazione e dovendo dare un consiglio a chi è indeciso su che fare nella vita, il cuoco è una professione che consiglieresti?

Si, se non la si vede come talk show, spettacolo televisivo, improvvisazione – senza nulla togliere a quelli che fanno anche questo. La vera questione sulla quale riflettere è che il nostro è un lavoro artigianale, non per tutti.

 

 

Parliamo di Solidus adesso, che sicuramente molti non addetti ai lavori non conoscono.

 

Solidus è un organo di rappresentanza autorevole ma senza potere specifico di intervento. Cerca di dare agli associati contributi in tema di professionalità, orientamento…; la Società fa rete, a livello nazionale con le Istituzioni e le grandi organizzazioni, a livello locale con le altre associazioni. Prima che io diventassi Presidente, nel 2013, Solidus attraversava un momento di incertezza sulle scelte da operare. Allora ho chiesto al Presidente della Federazione Italiana Cuochi che ci candidassimo noi alla guida con un programma preciso: convegni aperti a tutte le associazioni esterne, rete con le scuole, alta formazione per il management. Viviamo in un momento in cui ci vuole più impegno, un aggiornamento costante. Oggi ad esempio la formazione tecnologica per uno chef di cucina è fondamentale.

 

 

 

 

E siete passati da una presenza ai convegni di 60 persone a un migliaio.

 

Ci siamo dedicati a temi importanti, come il riuso dei beni turistico-ricettivi confiscati alla mafia. In Lombardia un locale su 5 è in odore di mafia. E uno stage su 5 comporta gli stessi rischi.

Quest’anno saremo a Roma; il Senato ci ha concesso un patrocinio di sala e una bella cena di gala al St. Regis, l’albergo di lusso appena rinnovato, quindi un orgoglio per il nostro prossimo convegno. In quell’occasione sarà eletto un nuovo Presidente. Il mio mandato finisce proponendo al successore il tema “mettiamo in pratica l’alta formazione”. Il settore turistico dà lavoro a 2 milioni di persone. Il turismo è tornato a crescere. Con il nostro patrimonio enogastronomico dobbiamo fare un salto di qualità. Ci serve l’apporto della politica. I dati della Banca d’Italia danno il turismo al secondo posto per l’economia del Paese e non più al terzo. Bisogna investire, anche a livello di comunità locali. La rete dei trasporti deve migliorare molto. Matera ha mostrato come una città rurale può diventare capitale della cultura. Milano con Expo ha dato un esempio di come si deve lavorare. Punto.

 

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

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