Come valutare la decisione annunciata da Unesda (l’associazione europea dei più noti produttori di bevande analcoliche) che non venderà più bevande zuccherate nelle scuole secondarie della Ue, distributori automatici inclusi? L’obiettivo dichiarato dell’Associazione è addirittura quello di far scomparire entro il 2018 le bevande zuccherate dalle scuole secondarie di tutti i Paesi Ue, coinvolgendo più di 50.000 scuole e oltre 40 milioni di studenti.
Si tratta senza dubbio di una presa di posizione forte, peraltro in linea con quanto le aziende produttrici stanno attuando da tempo (dal 2006 gli aderenti a Unesda si sono impegnati a non vendere alcun tipo di soft-drink nelle scuole primarie, inoltre tra il 2000 e il 2015 hanno ridotto del 12% l’aggiunta di zucchero alle bibite, con l’obiettivo di tagliare un altro 10% di zucchero entro il 2020), ma a frenare l’entusiasmo vengono inevitabilmente alcune considerazioni.
Dolce ma senza zucchero
L’Associazione dichiara infatti che negli istituti scolastici secondari venderà solo bibite a ridotto contenuto calorico o senza calorie, oltre alle bottigliette di acqua. Ma cosa significa concretamente “bibite a ridotto contenuto calorico o senza calorie”? Semplice: sono bevande comunque dal gusto dolce, ottenuto però con sostanze diverse dallo zucchero, per esempio stevia oppure dolcificanti di tipo sintetico. Ed ecco allora un punto fondamentale: se l’obiettivo è contrastare la tendenza al sovrappeso e all’obesità, numerosi studi internazionali hanno evidenziato che l’utilizzo di dolcificanti sintetici alternativi allo zucchero non aiuta certo a raggiungerlo. Prima di tutto, sul piano psicologico, chi consuma abitualmente bibite ipocaloriche si sente spesso autorizzato a qualche “sgarro” durante la giornata, ma più importante è il fatto che gli edulcoranti inviano al corpo un messaggio fuorviante: quando si mangia qualcosa di dolce, l’organismo si aspetta di assumere energia, mentre i dolcificanti sintetici non danno calorie. Il cervello quindi è portato a interpretare in modo sbagliato i segnali che gli arrivano dal palato, con il rischio di faticare a conservare i giusti meccanismi che regolano l’assunzione dei cibi. In sostanza, non è tanto dello zucchero che ci si dovrebbe preoccupare, quanto della passione innata che abbiamo per il gusto dolce, oggi un handicap per la nostra salute.
Giorgio Donegani