Non sono ancora in molti a sapere che il Paese di Mezzo negli ultimi tempi si sta dimostrando sempre più interessato a inserirsi tra le potenze vinicole e a far sì che le sue bottiglie rientrino tra i vini pregiati e riconosciuti a livello internazionale. Ma questo interesse non è in realtà un fenomeno recente.
Se è vero che già nel paese del Celeste Impero le bevande alcoliche tradizionali derivavano dai cereali e non dall’uva, è certo che anche il vino ha una lunga storia.
Si dice, infatti, che la vite venisse sfruttata per le sue qualità terapeutiche già a partire dal terzo millennio a.C. Il termine cinese pútao葡萄sembra che in passato significasse sia “uva” sia “vino”, mentre in tempi moderni è stato affiancato all’espressione 酒 jiǔ, bevanda alcolica, diventando 蒲萄酒 pútaojiǔ, parola oggi usata per indicare il vino d’uva.
Prendiamo ad esempio la provincia occidentale del Ningxia, che era conosciuta sin dai tempi della Via della Seta anche per la produzione di uva, un’uva dolcissima e molto apprezzata presso le capitali imperiali. Ancora oggi, il Ningxia e i suoi monti Helan, grazie a diversi fattori quali il clima, l’altitudine, la ventilazione costante e il suolo sabbioso con terriccio roccioso, rappresentano un terroir ideale per la produzione vitivinicola.
I vini della provincia hanno anche conquistato importanti riconoscimenti a livello mondiale e molte uve prodotte nelle tenute di questa grande area, che sono veri e propri castelli appartenenti a investitori privati – cinesi o stranieri –, contribuiscono alla produzione del GreatWall, ossia la Grande Muraglia, il più noto marchio vinicolo del Paese. Ma è risaputo anche che gli inverni nel nord della Cina, e in particolare nella provincia del Ningxia, sono molto rigidi, e questo costringe al duro e costosissimo lavoro di interramento delle viti nella stagione fredda, con una mortalità delle piante attorno al 20%.
Si stima che interrare e riportare poi alla luce le viti abbia un costo pari a un intero anno di coltivazione in Europa. A questo si somma il fatto che, nonostante la superficie vitata cinese sia oggi la seconda al mondo dopo quella della Spagna e prima di quelle di Francia e Italia, solo una piccola percentuale è destinata alla vinificazione, aspetto che rende la produzione vinicola cinese per ora poco competitiva.
ValentinaTalia
Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano