ALIMENTI “ULTRA PROCESSATI”

Da qualche tempo si parla con toni allarmistici di questo tipo di alimenti, dipinti come il nuovo male in campo alimentare. Ma cosa sono esattamente?

Esaurito il filone dei “veleni bianchi”, dal latte alla farina 00, dallo zucchero al sale, dimenticata la guerra all’olio di palma, accantonate le accuse alla carne rossa e ai salumi, si sentiva la mancanza di un nuovo “mostro alimentare”. Ecco allora comparire all’orizzonte il termine: alimenti “ultra-processati”. Ne parlano in molti, ma pochissimi lo fanno con cognizione di causa, perché il tema è talmente dibattuto, e al tempo stesso indefinito, da prestarsi alle interpretazioni più fantasiose.

 

 

Partiamo allora dalla base: cosa significa alimento “ultra-processato”?

Il termine ha cominciato a circolare quando, qualche anno fa, il ricercatore brasiliano C.A. Monteiro mise a punto un sistema di classificazione chiamato “NOVA”. Gli alimenti  sono raggruppati sulla base delle trasformazioni (ovvero i processi) cui sono sottoposti: a un’estremità quelli “non trasformati” (come la frutta fresca, la verdura, il latte…), all’estremo opposto gli “ultra-processati”, realizzati sottoponendo le materie prime a lavorazioni che ne modificano la struttura con tecnologie quali la cottura, la lievitazione, la surgelazione…, prodotti che abitualmente acquistiamo e consumiamo, come biscotti, torte, sughi pronti, salse.

Il concetto sul quale si basa NOVA è semplice: più un alimento è processato, più fa male. Come spesso accade, la semplicità non è garanzia di correttezza se non si sposa con le evidenze scientifiche o con il buon senso. Nel caso specifico, sono più che giustificati alcuni dubbi: siamo sicuri che non ci sia differenza tra la salubrità delle patatine fritte e quella degli omogeneizzati di frutta, entrambi “ultra-processati”? Perché i frollini industriali dovrebbero avere proprietà nutrizionali significativamente diverse da quelli fatti in casa? E il latte che viene sottoposto a processi di microfiltrazione e bassa pastorizzazione contiene più o meno vitamine rispetto a quello raccolto in fattoria e bollito tra le mura domestiche?

Se si applicasse la classificazione NOVA al comportamento abituale in cucina, anche il sugo che prepariamo dovrebbe rientrare nella categoria degli “ultra-processati”, come praticamente tutto quello che costituisce l’essenza delle nostre tradizioni culinarie.

Insomma: se c’è un caso in cui vale il detto “non si può fare d’ogni erba un fascio”, questo è proprio quello degli alimenti “ultra-processati”.

Giorgio Donegani

Tecnologo alimentare

www.giorgiodonegani.it

 

 

 

 

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