AGROFARMACI: LA SICUREZZA DELLE MATERIE PRIME

agrofarmaci

Cosa sono

Con il termine “agrofarmaco” (altrimenti chiamato “prodotto fitosanitario o antiparassitario” o, dall’inglese, “pesticida”) si definisce una categoria di prodotti destinati alla cura delle malattie delle piante o alla regolamentazione dei loro processi vitali. L’agrofarmaco, infatti, può essere considerato come un farmaco che, anziché sull’uomo, agisce sulla pianta: così come l’uomo quando si ammala necessita di cure, gli agrofarmaci sono strumenti indispensabili per preservare la salute delle piante.

Gli agrofarmaci si dividono, a seconda della funzione, in:

  • fungicidi o anticrittogamici, se agiscono contro funghi;
  • insetticidi e acaricidi, se agiscono contro gli insetti;
  • erbicidi o diserbanti, se agiscono contro le erbe infestanti;
  • nematocidi e fumiganti, se servono alla disinfestazione del terreno;
  • fitoregolatori, se regolano la crescita.

Perché si usano

Gli agrofarmaci costituiscono una delle più importanti risposte alla crescente domanda mondiale di prodotti alimentari. È grazie al corretto impiego di queste sostanze che si è verificato un incremento della produttività e dell’efficienza agricola, riuscendo a ottenere raccolti più abbondanti (è quindi una riduzione dei prezzi), alimenti sani e di maggiore qualità. Senza gli agrofarmaci è reale il rischio di una riduzione della produzione agricola, a causa delle diverse malattie delle piante, con tutta una serie di conseguenze sulla salute dell’uomo, degli animali.

Fondamentali per un’adeguata igiene alimentare, inoltre, evitano le contaminazioni dopo la raccolta, e contribuiscono a farci avere ogni giorno in tavola frutta e verdura fresche, a vantaggio di una dieta sempre varia e ricca di vitamine e sali minerali, capace di ridurre il rischio di coronaropatie e tumori.

Il rischio alimentare più reale che corriamo non è, quindi, come comunemente si tende a credere, la presenza di residui chimici nel cibo, quanto le possibili intossicazioni dovute a contaminazioni microbiologiche naturali.

Progetti

L’industria italiana degli agrofarmaci si colloca al sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa rappresentando circa l’11% del mercato europeo degli agrofarmaci, preceduto solo da Francia e Spagna.

Le imprese operanti nel settore degli agrofarmaci sono fortemente impegnate nella promozione di una agricoltura sostenibile, in grado di promuovere un costante incremento della produttività, garantendo, allo stesso tempo, la sicurezza dell’ambiente e della salute dell’uomo.

Tale impegno è concreto e si muove in direzione di un continuo, significativo e tangibile miglioramento, dimostrato anche dai numerosi progetti portati avanti in questo ambito.

Dal 2009, infatti, Agrofarma (Associazione nazionale imprese di agrofarmaci che fa parte di Federchimica) ha lanciato, in collaborazione con FederUnacoma (Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura), il progetto “SOFT” (Sustainable Operations in Fitoiatric Treatments). Tale progetto, coerente con le recenti norme in materia di trattamenti fitosanitari contenute nella Direttiva 2009/128 CE sull’uso sostenibile degli agrofarmaci, prevede la realizzazione di corsi di formazione in aula e sul campo rivolti a tecnici e operatori del settore, con l’obiettivo di migliorare la qualità della distribuzione degli agrofarmaci, la sicurezza dell’ambiente, del consumatore e dell’operatore.

Sempre per quanto riguarda la sicurezza ambientale, Agrofarma è coinvolta anche nel progetto europeo “TOPPS-PROWADIS” (Train Operators to Promote Practices and Sustainability – to PROtect WAter from DIffuse Sources), finanziato dall’Associazione europea dei produttori di agrofarmaci (European Crop Protection Association- ECPA), che ha l’obiettivo di individuare le Buone Pratiche Agricole necessarie a prevenire la contaminazione diffusa dei corpi idrici superficiali da agrofarmaci e diffonderne la conoscenza tramite specifici corsi di formazione realizzati su tutto territorio nazionale per gli operatori del settore.

Inoltre, dal 2013 ECPA ha lanciato in ambito formativo il progetto “Hungry for Change”, supportato a livello nazionale da Agrofarma, rivolto a tutti i dipendenti delle imprese del comparto. Il progetto mira a diffondere, attraverso la realizzazione di corsi di formazione, una maggiore consapevolezza riguardo le principali sfide che il settore degli agrofarmaci si trova a dover affrontare nei 4 ambiti prioritari (food, health, biodiversity, water) e le risposte messe in atto dalle imprese produttrici, al fine di evidenziare l’attenzione da parte di quest’ultime nei confronti del tema della sostenibilità e di tutte le tematiche indicate come prioritarie dalla società civile.

La normativa di riferimento e i residui

Gli agrofarmaci, prima di poter essere immessi sul mercato, sono oggetto di una lunga fase di sperimentazione e sviluppo e successivamente di un rigoroso processo di autorizzazione secondo quanto previsto dal Regolamento (CE) 1107/2009.

L’Italia ha adattato nelle proprie norme nazionali il processo di autorizzazione degli agrofarmaci con il D.P.R. 290 dell’aprile 2001, successivamente integrato dal D.P.R. 55 del febbraio 2012.

La fase di utilizzo degli agrofarmaci, invece, è normata a livello europeo dalla Direttiva 2009/128/CE relativa all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, recepita a livello nazionale dalPiano di Azione Nazionale, adottato a gennaio 2014.

Il Piano costituisce lo strumento tecnico-operativo della Direttiva, attraverso il quale sono stati definiti gli obiettivi quantitativi nonché le misure e le tempistiche per la riduzione dei rischi e degli impatti derivanti dall’utilizzo degli agrofarmaci sulla salute umana e sull’ambiente.

Per quanto riguarda invece le questioni riconducibili ai livelli massimi di residui (LMR) di agrofarmaci nei prodotti alimentari e nei mangimi, queste sono disciplinate dal Regolamento (CE) 396/2005. Tale regolamento disciplina anche il monitoraggio e il controllo dei residui degli agrofarmaci presenti nei prodotti di origine vegetale e animale.

Nel nostro Paese le produzioni agroalimentari sono strettamente controllate dalle Autorità competenti con rigorose verifiche effettuate su migliaia di campioni; seguono una normativa molto rigida che regola con due parametri il valore massimo di residuo presente negli alimenti ammesso:

– l’ADI, la “dose giornaliera accettabile” ovvero la quantità di sostanza che un uomo potrebbe ingerire giornalmente, e per ogni giorno della sua vita, senza subire alcun danno,

– l’MRL, ovvero il livello massimo di residuo di una sostanza autorizzato nel prodotto agricolo.

Parametro fissato a livello europeo per sostanza, per coltura , in base all’ADI e alla dieta media di tutti gli Stati Membri (utile a capire in quali quantità sono giornalmente presenti sulle tavole dei consumatori i prodotti alimentari sui quali uno specifico agrofarmaco è impiegato).

In tema di sicurezza alimentare, l’ultimo rapporto ufficiale del Ministero della Salute (relativo all’anno 2011) afferma, che in due casi su tre (57,6%) i campioni di prodotti ortofrutticoli analizzati sono risultati del tutto privi di residui. Il 41,9% dei campioni, invece, è risultato nei limiti di legge e quindi non costituisce alcun pericolo per il consumatore. In totale, di conseguenza, sono 99,5% i campioni che risultano a norma. Solo lo 0,5% è risultato sopra la soglia di legge, rispetto ad una media europea pari al 2,5%.

L’Italia si pone, quindi, come leader tra i Paesi del Vecchio Continente in materia di sicurezza alimentare.

Anche l’ultimo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority – EFSA) conferma la leadership italiana in tema di sicurezza alimentare.

La percentuale di irregolarità negli ortofrutticoli ha subito nel corso degli anni un progressivo decremento (dal 2,3% del 1995 allo 0,5% del 2011): un successo ascrivibile alle attività di controllo sugli antiparassitari da parte del Ministero della Salute e alla sempre maggiore consapevolezza degli agricoltori nell’impiego di prodotti fitosanitari. Il superamento occasionale di un limite legale, ad ogni modo, non comporta un pericolo per la salute, ma il semplice sorpasso di una soglia legale tossicologicamente accettabile.

Va ricordato, infatti, che gli MRL sono fissati dalla legge applicando un fattore di sicurezza pari a 100. Ciò significa che la soglia massima ammissibile di ogni singola sostanza è a sua volta suddivisa per 100, in modo tale da mantenere un ampio margine di sicurezza.

 

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