Le premesse sono brillanti e il ragionamento fila liscio. Viene da chiedersi come nessuno ci abbia pensato prima. L’intuizione è venuta a Sergio Gamberini, ingegnere chimico e presidente della Ocean Reef, azienda che produce attrezzature subacquee, con sede anche a Genova. Nel 2012 l’inizio del progetto: le prime 6 biosfere (cupole di materiale acrilico di 2 metri di diametro e capienti 2000 litri d’aria) vengono ancorate al fondale della baia di Noli, a 8 metri di profondità, senza troppe certezze sui possibili risultati.
Il progetto ha preso il nome di “Orto di Nemo” in riferimento al leggendario Capitano Nemo del romanzo Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne. Al centro dell’Orto di Nemo, si trova una riproduzione, alta oltre 3 metri, dell’Albero della Vita, emblema di Expo Milano 2015 che simboleggia l’impegno per l’innovazione e il progresso tecnologico.
Dopo 7 anni, l’esperimento “Orto di Nemo” sta facendo ben sperare sulle sue possibili applicazioni su più larga scala, magari in zone del mondo con terreni incoltivabili o condizioni climatiche avverse. Per il futuro? Automazione, indipendenza idrica ed energetica.
Abbiamo parlato con Gianni Fontanesi, coordinatore del progetto, che gentilmente ha risposto alle nostre domande.
Come rispondono le piante all’ambiente sottomarino?
Una ricerca condotta da un’azienda cosmetica francese ospitata in una delle nostre serre subacquee ha evidenziato riscontri positivi. Il ‘basilico subacqueo’ sviluppa più carotenoidi e presenta una ripartizione degli oli essenziali alterata. Le condizioni all’interno delle biosfere spingono le piante all’adattamento: crescono in una pressione atmosferica più alta e ricevono il 20% in meno di luce solare. Oggi abbiamo allargato il campo di ricerca per trovare le specie che in questo percorso di adattamento sviluppino caratteristiche positive; a questo proposito stiamo collaborando con il team di agronomi dell’Università di Pisa per svolgere le ricerche e selezionare le tipologie di piante su cui svolgere i test.
Ogni biosfera ha una griglia su cui i sub possono poggiare i piedi per operare. L’aria all’interno delle cupole è monitorata in ossigeno e anidride carbonica. Per garantire la sicurezza degli operatori può essere pompata aria fresca dall’esterno.
Di recente stiamo conducendo esperimenti per rendere le biosfere indipendenti anche dal punto di vista idrico. Avendo notato per caso che le cupole raccoglievano, sulle pareti interne, grandi quantità di condensa, abbiamo cercato di radunare le goccioline con metodi meccanici ma poco efficienti… Alla fine abbiamo optato per l’introduzione di piccoli condensatori che funzionano grazie all’acqua più fredda pompata da una maggiore profondità all’interno di una serpentina. L’obiettivo insomma è quello di raggiungere l’indipendenza idrica ed energetica (il sistema è già alimentato da pannelli solari) e la possibilità di controllare la produzione da remoto.
Quali specie avete già testato e quali hanno dimostrato buoni risultati?
Le erbe aromatiche quali basilico, timo, maggiorana, origano, menta, santoreggia, salvia rispondono bene e crescono molto velocemente. Abbiamo provato legumi come fagioli e piselli: sono cresciuti e in alcuni casi ci hanno portato fiori e frutti; lo stesso è valso per le fragole. La fruttificazione non è per nulla scontata, non ci sono le api per svolgere l’impollinazione! Le lattughe crescono bene e i pomodori hanno dimostrato buoni risultati ma non siamo ancora arrivati al frutto. Abbiamo provato alcune piante a uso cosmetico e medicale, come aloe vera, stevia, calendola, issopo. Quest’anno le stiamo riprovando e le lasceremo sott’acqua anche per il periodo invernale.
Questo tipo di coltivazione può rappresentare rischi per l’ambiente sottomarino?
L’impatto ambientale è anzi positivo. Una biologa marina ha appena terminato uno stage con noi per svolgere uno studio relativo all’influenza su flora e fauna marine. I risultati sono stati incredibilmente positivi: le strutture delle biosfere ospitano alghe e offrono protezione a crostacei e piccoli pesci creando una catena alimentare intorno al nostro sito. I vantaggi ci sono anche per il territorio; molte persone stanno già venendo a Noli per fare immersioni, con il beneficio di tutte le attività legate al mondo del diving locale.
I costi produttivi saranno sostenibili?
Sicuramente lo spirito della ricerca è quello di raggiungere la sostenibilità anche dal punto di vista economico. Stiamo cercando di portare il sistema verso l’automatizzazione.
Poter controllare da remoto, magari attraverso uno smartphone, tutti i parametri di crescita e poter interagire, sempre da remoto, con le colture porterebbero vantaggi all’efficienza, riducendo la necessità di immergere operatori. Abbiamo già installato altre due biosfere, nella laguna di Florida Bay e in una piscina in Belgio con pesci d’acqua dolce tropicali. La biosfera rappresenta un’attrattiva dal punto di vista turistico, una curiosità per chi si vuole immergere (e al ristorante dello stabilimento vengono serviti gli aromi coltivati nella loro biosfera).
L’obbiettivo finale è quello di estendere questa tecnica di coltivazione dove ce ne sarebbe più bisogno: dove le condizioni rendono impossibile praticare l’agricoltura tradizionale su terra.
Alessandro Caviglione
alessandro.caviglione@cibiexpo.it