Ciascuna regione d’Italia ha un “suo” Carnevale fatto di maschere, rituali, cibi e bevande, simboli delle proprie tradizioni.
Le chiacchiere, insieme alle frittelle e alle castagnole, sono protagoniste delle tavole carnevalesche italiane, con varie denominazioni.
Cominciamo il nostro viaggio dalla Valle d’Aosta: il Carnevale della Coumba Freida.
(Valle Fredda), ispirato dal passaggio di Napoleone, è una delle feste più antiche della penisola: le landzette (maschere folkloristiche), insieme a salumi e formaggi regionali, vino e grappe locali, invadono le strade innevate. Molto popolare anche il Carnevale in Piemonte, dove si mangia un piatto tipico a base di fagioli e maiale (faseuj grass).
In Lombardia, immancabili sono tortelli e frittelle, con una variante dal morbido cuore di riso cotto nel latte aromatizzato da scorzette di agrumi. A Milano si segue la tradizione del Carnevale Ambrosiano, che inizia nel cosiddetto Martedì Grasso, quando in tutte le altre regioni termina. Si mangiano tortelli detti farsòe e làciàditt. L’impasto dei ‘leccadito’ è arricchito da cubetti di mela. Questo frutto è il protagonista delle frittelle del Trentino-Alto Adige, per le quali vengono usate soprattutto le varietà renetta e golden. Qui sono molto diffusi i krapfen, dolci di pasta lievitata di tradizione austriaca farciti di confettura di albicocca, fritti e ricoperti di zucchero a velo.
In Friuli-Venezia Giulia l’influenza austriaca si fa sentire anche nei kipfel, che possono essere sia dolci che salati e sono caratterizzati da una forma a mezzaluna, con un impasto simile a quello degli gnocchi di patate. Nelle Valli del Natisone si può mangiare la gubana, un dolce lievitato, tipico delle feste in genere, ripieno di noci, uvetta e pinoli.
In Veneto sono tipiche le fritole, a base di farina, uova, zucchero, uvetta, latte e rum. Fino all’Ottocento erano preparate direttamente per le strade dai “fritoleri”, che le impastavano su spianatoie di legno, friggendole poi in pentoloni di olio bollente.
In Liguria degustiamo le frittelle di mele tipiche del Borgo di Coscia (antico quartiere di Alassio), oltre al latte dolce fritto, semplice ma molto gustoso, e alle castagnole, che qui hanno un sapore speziato. Infine, troviamo le sciumette (meringhe) a base di bianco d’uovo.
In Emilia-Romagna si gustano le tagliatelle fritte: l’impasto di quelle classiche viene arricchito di zucchero e qualche scorza di arancia.
Nel capoluogo della Toscana, il tipico Giglio di Firenze decora la superficie della schiacciata, una preparazione fatta con farina, zucchero, uova, lievito di birra, latte, strutto e succo di arancia. Un altro dolce caratteristico è il berlingozzo, dalla classica forma a ciambella. Le regine del Carnevale senese invece sono le frittelle di riso della famiglia Savelli, con scorza d’arancia, un pizzico di sale e farina 00, fritte in olio extravergine d’oliva.
Nelle Marche, rievocando l’antica tradizione della caccia al bue, una corrida farsesca, si mangiano castagnole, bomboloni e cicerchiata. Quest’ultima è una preparazione tipica anche in Umbria, nel Molise e in Abruzzo e consiste in piccole palline di pasta di farina fritte, servite in mucchietti, ricoperte da miele e codette di zucchero colorate. La loro origine risale al Medioevo e il nome deriva dalla forma simile a quella del legume, la cicerchia.
Il Lazio vanta i natali di uno dei dolci di Carnevale più diffusi in Italia, le chiacchiere. Qui si chiamano frappe e risalgono all’epoca degli antichi romani, quando erano dette frictilia, a base di farina e uova e fritti nel grasso di maiale.
In Campania, le lasagne dominano le tavole del Martedì Grasso; nella versione locale si usa la ricotta al posto della besciamella, oltre al ragù e alle polpette. È inoltre diffusa la braciola napoletana, un involtino di carne bovina ripieno di uva passa, pinoli, aglio, prezzemolo e pecorino. Viene consumato anche il sanguinaccio napoletano, una densa crema di cioccolato dal retrogusto amaro che di solito accompagna le chiacchiere. Presenti gli struffoli, piccole palline dolci al miele.
In Puglia ci sono le cartellate, nastri di sottile pasta sfoglia ripiegati a formare una sorta di rosa, fritte e impregnate di vincotto o miele. Una loro variante viene mangiata in Basilicata: le canestrelle, servite cosparse di miele e codine di zucchero colorate.
In Calabria sono tradizionali la pignolata, simile alla cicerchiata dell’Italia centrale ma con dolcetti un po’ più grandi e con forma che ricorda una pigna, e i turdulilli, gnocchi dolci fritti insaporiti con vino, liquore o scorza di agrumi. In alcune zone si trovano tartine al sanguinaccio con cioccolato fondente.
Concludiamo il nostro viaggio nelle isole. In Sicilia ritroviamo la pignolata, oltre alle teste di turco, un dolce al cucchiaio di origine araba fatto di sfoglie fritte alternate a crema di latte aromatizzata con cannella e limone. In più ci sono le sfinci o sfingi, palline di pasta fritte in olio caldo passate nello zucchero, e le cassatelle di ricotta, una sorta di ravioli fritti.
In Sardegna non possono mancare le cattas o zippulas, golose ciambelle a spirale, oltre al lardo con le fave.
Alessandra Meda
Le chiacchiere
Possono essere fritte o al forno, croccanti, friabili, tradizionali o ripiene. Il nome è tratto dal dialetto lombardo ma è usato anche in Piemonte e in Campania; sono dette bugie in Liguria, ciarline in Emilia, ‘ncartellate in Calabria, fiocchetti in Romagna, cenci in Toscana, frappe in Lazio, galani in Veneto, crostoli in Friuli-Venezia Giulia, meraviglie o maraviglias in Sardegna.